CALMA E GESSO. PER OGNI COSA C'E' UN MODO DI DIRE


Perché diciamo "fare il portoghese" o "avere voce in capitolo"? Ce lo racconta un nuovo manuale, mostrandoci come nelle espressioni idiomatiche si nasconde la nostra storia. E anche il nostro carattere nazionale
Lara Crinò su Repubblica.it

 

Chi saprebbe collegare l’espressione fare le cose alla carlona a Carlo Magno re dei franchi, detto all’epoca "Carlone" per la sua aria goffa e la sua abitudine ad indossare abiti trasandati, non consoni al suo rango? Chi ricorda che perdere la trebisonda è d’origine marinaresca, legata all’antica città turca di Trabzon e alla possibilità di smarrire la rotta in mare? Che vendere all’asta deriva dalla locuzione latina vendere sub hasta e si riferisce all’antico uso romano di conficcare un’asta al suolo prima di dare inizio a una vendita pubblica? Che fare il portoghese ricorda uno spettacolo teatrale gratuito, offerto dall'ambasciatore del Portogallo ai suoi connazionali nella Roma dei papi? O che avere voce in capitolo  ha a che fare con la vita religiosa, e si riferisce all'assemblea dei monaci che si svolgeva, appunto, nella sala del Capitolo?

I modi di dire figurati - quelli che usiamo tutti, quotidianamente, quelli che non usiamo ma comprendiamo benissimo, quelli infine caduti in disuso - ci parlano dell’evoluzione della lingua italiana, ma soprattutto della nostra storia, delle nostre idiosincrasie, tradizioni e abitudini, spesso talmente radicate da essere diventate inconsapevoli. Tanto che scoprirne o riscoprirne le origini è in qualche modo fare un viaggio, non solo nel nostro passato ma anche nel nostro inconscio e nel nostro immaginario collettivo, che la lingua plasma e insieme riflette.

Lo mostra bene Perché diciamo così, il manuale (edito da Newton Compton) in cui l’autore Saro Trovato - fondatore della community online di Libreriamo, dedicata all’arte, alla letteratura e alla cultura - durante il lockdown di primavera ha voluto riunire i modi di dire italiani, dando per ciascuno una breve definizione, da La spada di Damocle che apre il volume ad Ambasciator non porta pena che lo chiude.

Un imponente lavoro di catalogazione, utilmente diviso in capitoli, che categorizzano le espressioni idiomatiche in base al campo semantico cui afferiscono: il mito e la storia, la religione, il greco e il latino, il mondo militare o quello degli animali, il corpo umano e la tavola, ecc. Elencati tutti in coda al volume, con un’appendice per capire meglio cosa rappresentano dal punto di vista della linguistica e un’utile bibliografia per chi voglia approfondire il tema (citati, tra gli altri, la Storia linguistica dell’Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni di Tullio de Mauro e Parlare a vanvera di Bianca Pitzorno), i modi di dire ci appaiono così come un universo variegato e curioso.

Talvolta sono oggetti lontani, quasi alieni, perché come nota Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, nella prefazione al volume, "molte espressioni proverbiali sono veri fossili", e c'è una tendenza, di generazione in generazione, a non usarle più. Se qualcuna di queste locuzioni è destinata a scomparire, seppellita da qualche spostamento tettonico della lingua, altre la sostituiranno. Come nota Marazzini, infatti, citando la polemica anni Sessanta nota come “Nuova questione della lingua” di Pier Paolo Pasolini e le sue confutazioni, "la dimensione comunicativa e quella espressiva si combinano costantemente nella lingua, e non possono mai venir meno. Potremmo pensare che le nuove generazioni utilizzino forme metaforiche diverse, che sostituiscono quelle tradizionali". E se in questo Perché diciamo così non c'è spazio per le espressioni giovanili, ancora non del tutto sedimentate e provenienti da ambiti diversi da quelli del passato (in particolare lo sport, e lo sport anglosassone, pensiamo ad esempio al dammi un cinque), non è vano guardarsi indietro.

Restituendo ai modi di dire la propria origine, è come se li ripulissimo dall'usura del tempo e li vedessimo per ciò che sono: un guizzo della coscienza, un momento d'invenzione. Come scrive Saro Trovato nell'introduzione al libro, notando che su Libreriamo la rubrica dedicata ai modi di dire è tra le più consultate, le espressioni idiomatiche  ci incuriosiscono perché "creano una rottura con tutte le regole della linguistica, sono trasgressione allo stato puro. Per questo meritano attenzione e conoscenza. Il modo di dire è movimento, azione, vita. Ogni modo di dire è una creazione dell’uomo. È un’opera dell’ingegno umano". Anche sapere come sono nate è un modo per rendere omaggio a queste piccole, anonime opere dell'ingegno. Strumenti semplici ed efficaci, che tutti usiamo senza conoscerne l'umile meccanica.


07/11/2020

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