La “mia” isola del tesoro e la grandezza di Robert Louis Stevenson


La “mia” isola del tesoro e la grandezza di Robert Louis Stevenson

ILLIBRAIO.IT

 

7 luglio 2023

“Quando entro nelle librerie e vedo ‘L’isola del tesoro’ collocato sullo scaffale della narrativa per ragazzi mi viene da sorridere. Magari, dico tra di me, esistessero oggi scrittori dotati di uno stile così elegante e cristallino! Magari ci fossero ancora autori come Robert Louis Stevenson, con sufficiente onestà intellettuale e padronanza della scrittura da avere il coraggio di mettere su carta una storia leggera e al tempo stesso capace di scavare dentro l’animo umano, servendosi del ‘genere avventuroso’, oggi bistrattato…”. Su ilLibraio.it Marcello Simoni, in libreria con “Il profanatore di tesori perduti”, racconta un classico della letteratura che ama particolarmente: “L’isola del tesoro”

Quando entro nelle librerie e vedo L’isola del tesoro collocato sullo scaffale della narrativa per ragazzi mi viene da sorridere. Magari, dico tra di me, esistessero oggi scrittori dotati di uno stile così elegante e cristallino! Magari ci fossero ancora autori come Robert Louis Stevenson, con sufficiente onestà intellettuale e padronanza della scrittura da avere il coraggio di mettere su carta una storia leggera e al tempo stesso capace di scavare dentro l’animo umano, servendosi del “genere avventuroso”, oggi tanto bistrattato.

Eh sì, perché oggigiorno se si parla di romanzi d’avventura sembra quasi di far dispetto a qualcuno. Come se ci fossimo dimenticati della grande eredità di Salgari e di Verne. Come se ci vergognassimo di farci scoprire a leggere, una volta tanto, un libro che non parli di disagi esistenziali, di famiglie disfunzionali e di storie di corna.

Era il settembre 1881 quando Stevenson iniziò a scrivere il Cuoco di bordo, il primo capitolo dell’Isola.

Forse attingendo alle atmosfere di Defoe, di Irving, e sicuramente dal Gordon Pym di Edgar Allan Poe – nel quale ritroviamo un altro terribile cuoco coinvolto in una vicenda di ammutinamento – faceva scorrere la penna sulla carta, finendo poi per leggere ogni sera le sue pagine al padre e al figliastro.

Pagine che parlavano di ladri, di assassini e di vecchi marinai bramosi di raggiungere un’isola perduta della quale lo stesso autore aveva già realizzato un dipinto qualche tempo prima, durante un periodo d’infermità trascorso in un villaggio della Scozia. È stato proprio là, presso “una casa lugubremente nota come il cottage della defunta signora McGregor”, che aveva iniziato a intravedere le facce abbronzate e le armi scintillanti dei personaggi del suo futuro romanzo.

“Ho detto”, afferma Stevenson in My First Book: Treasure Island, “che la mappa era la maggior parte della trama. Potrei quasi dire che lo era per intero”. Ma con queste parole si fa un torto.

Al di là dei luoghi dell’immaginario dei quali è riuscito a plasmare ogni forma, dalle asperità rocciose alle distese d’alberi, dalle calette nascoste alle spiagge affacciate sul mare, credo che il suo autentico capolavoro sia Long John Silver.

Dotato di una doppiezza nella quale si cela già, in nuce, la maschera gotica di Jeckyll/Hyde, il pirata senza una gamba trasforma la spedizione dei cacciatori del tesoro in un autentico viaggio all’inferno. È lui, infatti, a pianificare l’arrembaggio dell’Hispaniola. Lui a ordire la rete d’inganni destinata a influenzare l’intero corso degli eventi, mostrandosi un giocatore occulto tanto astuto quanto crudele.

La scelta di rappresentare questo individuo attraverso gli occhi di un ragazzino è stata tanto geniale quanto lo fu quella di mettere Aladino al servizio di un mago magrebino. È infatti il giovane Jim – che ci porge testimonianza dell’avventura allo stesso modo in cui faranno lo Watson di Sherlock Holmes e l’Adso di Guglielmo da Baskerville – a descrivere, nel tentativo di comprendere, quest’uomo scisso tra bene e male. MaJim ha un’anima troppo pura, troppo affascinata e troppo spaventata dai pirati per poter cogliere, in tutte le sue sfumature, l’abissale personalità del loro terribile capo.

Una personalità destinata a svelarsi più di cent’anni dopo, nella Vera storia del pirata Long John Silver di Björn Larsson. Più che un diario, un periplo autobiografico in cui lo stesso personaggio confessa di sperare che l’aldilà non esista, “perché all’inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell’idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l’abbia in gloria, se dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi. Ma intanto il terrore irradierebbe dai loro volti come un sole ardente sul mare in bonaccia […] perché tutti, compreso quel Flint che era altrimenti l’uomo più coraggioso che avessi mai incontrato, avevano paura di me”.

Così nasce il romanzo perfetto.

Gonfiando le vele di un brigantino con il vento scaturito da un’anima nera.

Come il vento nato dall’ambizione di Agamennone, o quello che fece oscillare il corpo di Giuda appeso a un albero da impiccato.

L’AUTORE E IL LIBRO – Nato a Comacchio nel 1975, ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, Marcello Simoni, amatissimo autore di thriller storici, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, suo romanzo d’esordio, ha vinto il 60esimo Premio Bancarella. Ha vinto inoltre il premio Stampa Ferrara, il premio Salgari, il premio Ilcorsaronero e il premio Jean Coste.

La saga che narra le avventure di Ignazio da Toledo ha consacrato Simoni come autore di culto di thriller storici. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller, tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.

E veniamo al suo nuovo romanzo, Il profanatore di tesori perduti (ispirato a Le Mille e una notte e a L’isola del tesoro), in cui lettrici e lettori di Simoni troveranno un nuovo protagonista, Sufrah. Il libro è ambientato nell’Egitto medioevale: tre gruppi di personaggi sono alla ricerca delle rovine della città immaginaria di Zarzourah, dove si nasconderebbe un inestimabile tesoro, sia materiale che non: un tesoro che dischiude infatti anche le porte della conoscenza. Il romanzo racconta il viaggio per arrivare alla porta di Zarzourah, compiuto non solo dal protagonista, ma anche da alcuni antagonisti. Lo scenario è il deserto

 

 


07/07/2023

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