Alan Friedman: “Il governo peggiore nel momento peggiore: ecco perché l’Italia ora rischia grosso”


Il giornalista americano boccia senza appello la manovra di Lega e Cinque Stelle: «La possibilità di fare crescita dell’1,5% nel 2019 per un’economia matura come quella italiana esiste solo nel mondo della fantasia. Il vero rischio? Si chiama stagnazione»

di Francesco Cancellato

«L’Europa la possiamo pure ignorare. Quel che non possiamo ignorare sono i mercati». Tra le tante cose cambiate dal governo gialloverde c’è anche l'ultimo libro di Alan Friedman. “10 cose da sapere sull’economia italiana prima che sia troppo tardi” (Newton Compton) era uscito all’inizio dell’anno, quando ancora Lega e Cinque Stelle erano due forze d’opposizione. Dopo il 4 marzo, il piano B, il decreto dignità, la manovra del popolo, quota 100 e il reddito di cittadinanza, il deficit al 2,4%, le tempeste dello spread, le procedure d’infrazione, un addendum si è reso necessario. Niente di compiacente, s’intende: «Io do un giudizio molto severo alla politica economica del governo gialloverde -, esordisce Friedman - Siamo alla vigilia di un 2019 che sarà terra ignota per l’economia globale, e non c'è momento peggiore per seguire politiche assistenzialiste e contentini elettorali, spacciati per politiche espansive».

Cosa non le piace della manovra di Lega e Cinque Stelle, tra tutto?
La mia impressione è che sia la somma di una serie di politiche economiche tra le meno indicate per creare posti di lavoro e crescita. Parliamo di sostanza, non di decimali, quindi. E pensare che coi decimali cambi la sostanza è altrettanto sbagliato.

E cosa c’è di sbagliato, nella sostanza? 
Che in un momento di rallentamento dell’economia mondiale la possibilità di fare crescita dell’1,5% nel 2019 per un’economia matura come quella italiana esiste solo nel mondo della fantasia, non sul pianeta Terra. E che se anche si volesse provare a raggiungere quest’obiettivo, l’ultima cosa da fare sarebbe quella di aumentare debito e deficit per misure inefficaci che non creano posti di lavoro e crescita.

A cosa si riferisce principalmente?
Partiamo dicendo a cosa non mi riferisco: io non sono contrario a ridurre le imposte alle partite Iva. Mi sembra ragionevole, molto più di una flat tax che non serve a nulla ai ceti medi e bassi. Non mi piace per nulla il reddito di cittadinanza, invece.

E perché?
Perché è una doppia fregatura: è un disincentivo a chi cerca lavoro, e un incentivo a chi vuole lavorare o far lavorare in nero e fare il furbo. L’idea che il reddito di cittadinanza possa funzionare coi centri per l’impiego disastrosi dell’Italia è una follia che ci fa perdere soldi e tempo.

C’è altro che non le piace?
Quota 100 è un inganno ai giovani, perché ruba a figli e nipoti e le loro pensioni, aumentando a dismisura il loro debito pubblico dando loro in cambio l’illusione che mandando in pensione prima gli anziani si possa creare lavoro, come se vivessimo nell’Unione Sovietica degli anni 80. Solo uno stato totalitario può creare lavoro così.

D’accordo, però non stiamo parlando di un governo di neofiti: nell’esecutivo c’è gente come Tria, o Savona, o lo stesso Giorgetti che di economia qualcosa capiscono. Possibile non si rendano conto che stanno sbagliando tutto? Ci sono o ci fanno?
Io ho rispetto per chi in quel governo capisce l’economia come Tria e Savona. E credo che abbiano capito benissimo che la manovra è costruita su un castello di sabbia, che l’Italia crescerà dello 0,7- 0,8%, non di più. Per il povero Giovanni Tria credo sia ovvio, ad esempio.

Povero? È ministro del Tesoro...
Sì ma è continuamente mortificato e umiliato, contraddetto costantemente sul deficit, sulla nazionalizzazione di Alitalia, nei consessi internazionali. Se avesse un po’ di orgoglio, avrebbe già rassegnato le dimissioni da tempo. Tria rimane, invece, e questo mi lascia molto perplesso: un professore di economia non può avallare la propaganda falsa di una crescita dell’1,5%. Forse gli piace la poltrona.

Forse non ha sponde politiche per farsi valere...
Potrebbe averle, però. Ci sono persone alla Giorgetti, come i governatori del Nord, o viceministri al ministero dell’economia e delle finanze onesti, preparati, consapevoli delle condizioni economiche. Persone sinceramente imbarazzate dal reddito di cittadinanza e consapevoli che la manovra non sta in piedi. Purtroppo per Tria e per l’Italia, questi leghisti pragmatici hanno molto poco peso, oggi.

Chi ce l’ha, allora?
Quelli che sanno che non si cresce all’1,5% e non si creano posti di lavoro con questi programmi, ma per loro non esiste altro che la campagna elettorale delle eurppee. È la Lega scaltra e cinica di Salvini, la stessa che ha promesso di tutto lo scorso marzo, già allora consapevole del fatto che fossero tutte chiacchiere.

Ma c’è qualcuno che ci crede davvero, alla manovra del popolo?
Secondo me il Movimento Cinque Stelle ci crede sul serio. Sono neofiti, confusi, in molti casi incompetenti. Senza fare i nomi, ma andare in tv e negare i fatti, la realtà, lo spread è l’approccio di Trump. Ma di Trump perlomeno è nota la malafede. Qui c’è gente che non lo fa in malafede, ma non ci arriva troppo. Questo governo è un cocktail di ignavi, cinici e neofiti.

L’undicesima cosa da sapere dell’economia italiana qual è, quindi?
Che dobbiamo evitare di farci del male. E farci del male non significa andare contro l’Europa. Si può pure ignorare l’Europa, ma non si possono ignorare le agenzie di rating. Nel 2019 stiamo entrando in una terra ignota, ed è il momento peggiore per seguire politiche assistenzialiste e contentini elettorali, spacciati per politiche espansive. Qualunque economista al mondo sa che le guerre commerciali di Trump, il suo sovranismo, il suo nazionalismo sono la ricetta perfetta per rallentare la crescita dell’economia mondiale. Il Fondo Monetario Internazionale dice che il protezionismo può tagliare 3 o 4 punti di crescita nel 2019. Io sono ancora più drastico: se il protezionismo diventa lifestyle degli Usa è un modo per limitare la crescita in modo permanente e strutturale. Per il mondo è un gioco pericolossimo, e per l’Europa ancora di più, in un momento in cui Londra si fa male da sola, Merkel è dimissionaria e fuori dai giochi, e in Francia si rischia davvero una prossima presidenza Le Pen.

E per noi?
​Il rischio vero per l’Italia è una stagnazione. Se le politiche economiche del governo tendono a limitare la crescita, a fare danni del sistema bancario, alla capacità di evitare la stretta creditizia, danneggiano le piccole imprese, e il decreto dignità diventa un disincentivo ad assumere le cose potrebbero andare ancora peggio. Chi rimarrà col cerino in mano sono i contribuenti italiani. Ironia perversa è che nel nome della crescita si fa una politica di decrescita. E nel nome del popolo si colpisce il popolo.

Fonte: Linkiesta 03/12/2018


03/12/2018