Come sta davvero la nostra economia


Lo spiega Alan Friedman nel suo nuovo saggio bestseller. Dove risponde in modo semplice e chiaro alle domande sugli argomenti più caldi: dai risparmi delle famiglie ai conti disastrati del Paese

di Isabella Colombo

La famiglia Giorgetti, cameriere lui, ausiliaria in un asilo nido lei, guadagna in tutto 2.000 euro al mese. Che non bastano mai: hanno 2 figli alle soglie dell'età adulta e devono alle banche 32.000 euro. Sono nella stessa situazione dell'Italia, con i suoi 2.300 miliardi di debiti che corrispondono al 133% del Pil, cioè dei suoi guadagni. Spiegare la crisi economica con le vicende dei Giorgetti, un tipico nucleo familiare di oggi, è il segreto del successo di Dieci cose da sapere sull'economia italiana (Newton Compton), l'ultimo lavoro del giornalista e scrittore Alan Friedman. Un saggio economico che scala fino al 2° posto la classifica dei libri più venduti è una novità. Vuol dire che tutti gli italiani, e non solo gli esperti, oggi si interrogano sui misteri economici che tengono in stallo in Paese.

Continuerà a mancare il lavoro?
Se la domanda di beni e servizi non è abbastanza alta, le imprese hanno difficoltà ad assumere. Per questo Stefano, il figlio grande dei Giorgetti, finiti gli studi è rimasto a casa. «Bisognerebbe stimolare le assunzioni detassando il costo del lavoro, rendendo flessibili i contratti collettivi, introducendo il sistema dei bonus che premia la meritocrazia» spiega Alan Friedman. «Soluzioni attuabili solo da un governo forte e stabile che al momento non è in vista».

Siamo davvero i più tassati d'Europa?
Non più di Francia o Danimarca. Ma con i servizi pubblici meno efficienti la sensazione è di pagare troppo. «Peggiorano il quadro gli sprechi pubblici e l'evasione fiscale, da combattere per invertire la rotta» dice Friedman. «C'è però un problema a monte: ridurre le tasse a fronte del debito pubblico non è facile. E una politica sulle imposte fatta di piccoli bonus e regali all'elettorato, senza interventi strutturali, è irresponsabile e non porta benefici duraturi».

Come mai le banche fanno meno prestiti?
Perché devono mettere da parte la liquidità necessaria a gestire le cosiddette "sofferenze", cioè i crediti non rientrati, causa dei crac del recente passato. Quindi per concedere il mutuo della casa a una famiglia o il prestito a una piccola impresa vogliono molte più garanzie che in passato. «Le "sofferenze" potrebbero costare altri 20 o 30 miliardi per i salvataggi da parte dello Stato, soldi dei contribuenti. Questo salverà alcuni italiani, soprattutto i correntisti che hanno conti nelle banche in difficoltà, ma si tratta sempre di denaro pubblico trasformato in debito, e quindi di una nuova responsabilità che ricade sulle spalle di ogni italiano».

Andremo mai in pensione?
I contributi che versiamo oggi servono a pagare non la nostra pensione futura ma gli assegni ai vecchietti di oggi. Un sistema insostenibile. «Intorno al 2030 i milioni di nati negli anni Sessanta busseranno alla porta dell'lnps. Senza la riforma Fornero, odiata ma inevitabile, il sistema sarebbe andato in default. E, nonostante la riforma, quella data è attesa ancora con apprensione. Il periodo critico arriverà fino al 2038. Poi la situazione dovrebbe stabilizzarsi entro il 2060».

Fonte: Donna Moderna 07/03/2018


07/03/2018

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