«Con Trump regna l’incertezza»


di Osvaldo Migotto

L'intervista ad Alan Friedman
Un’analisi del noto giornalista, questa sera a Lugano, dell’America​

​«Un mondo di incertezza nell’era Trump», è questo il tema dell’incontro-conferenza con Alan Friedman che si terrà questa sera alle 18.30 presso la sala B del Palazzo dei Congressi di Lugano, grazie al Circolo Liberale di Cultura Carlo Battaglini. Alan Friedman, giornalista USA esperto di economia e politica, nonché scrittore di successo, ha da poco pubblicato «Questa non è l’America», un’analisi della società USA che aiuta a capire come Trump sia riuscito a diventare presidente. Ecco l’intervista che Friedman ha concesso al CdT. Nel suo ultimo libro lei descrive un’America che non riconosce più. Anche l’Europa è in difficoltà. 

Quali analogie e quali differenze vede tra le due sponde dell’Atlantico?
«Credo che in tutto l’Occidente sia in atto un cambiamento che ha a che fare con il disagio socioeconomico e con le diseguaglianze tra i redditi. Un cambiamento che ha favorito l’ascesa di movimenti populisti. Negli USA ci sono dei movimenti soprattutto di estrema destra, ma anche di estrema sinistra. In Germania abbiamo visto Alternative für Deutschland, che per fortuna non ha avuto successo, in Gran Bretagna abbiamo assistito alla vittoria dei fautori della Brexit spinti da Farage, in Francia c’è Marine Le Pen e in Italia troviamo il Movimento 5 Stelle e per certi versi Salvini. Detto questo, la netta differenza che c’è tra l’America di Trump e i movimenti populisti in Europa, è che in Europa la società moderata tiene meglio di fronte ai movimenti populisti. C’è inoltre più civiltà nella società europea, mentre noi americani tendiamo a cambiare molto più  rapidamente».

E questo cosa comporterà?
«Credo che la diffusione del movimento ‘trumpista’ in America avrà altre conseguenze sociali, socioeconomiche, politiche e culturali, rispetto a quelle dei movimenti populisti in Europa, in quanto l’Europa sta mostrando una maggiore resistenza all’estremismo. Lo abbiamo visto in Francia con la vittoria di Macron e con la sconfitta di Wilders in Olanda. In Europa solo in Italia vedo il rischio di una vittoria dei populisti».

Il ceto medio è più minacciato in Europa o negli Stati Uniti?
«Il ceto medio si sente sotto pressione in tutto l’Occidente, ma negli USA ancor di più, visto che abbiamo 43 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà e altri 60 milioni di americani a rischio di esclusione sociale. Sommando queste due classi di persone arriviamo a quasi un terzo della popolazione totale. La povertà che ho toccato viaggiando tra Mississippi, South Carolina, Louisiana e Ohio in alcuni casi è uguale a quella dello Zimbabwe. Ci sono 4 milioni di famiglie americane che vivono con due o tre dollari al giorno. Ho visto gente che non ha mai avuto accesso a frutta o verdura fresca. Direi che in America il ceto medio con la crisi del 2008 si è impoverito molto di più rispetto all’Europa».

E i nuovi posti di lavoro creati?
«Gli esperti di economia dicono che il tasso di disoccupazione è del 4,5%. Ma ci sono 100 milioni di americani che lavorano in settori come quello dei fast food o delle grandi catene di supermercati che guadagnano 6 euro lordi all’ora e non riescono a vivere senza l’aiuto dell’assistenza sociale e questo è grave. Abbiamo creato negli USA una sorta di sottoproletariato al quale Trump ha fatto molte promesse. Ma l’ironia dell’epoca Trump è che saranno loro a soffrire di più con i tagli alla sanità e tutto il resto».

Per Trump dopo la scalata economico-sociale è arrivata quella politica. Oltre ai soldi cosa ha saputo metterci in questa sua ascesa?
«Va innanzitutto detto che Trump è meno ricco di quello che lui sostiene. E questo perché ha tanti debiti. Potrebbe avere sulla carta 3-4 miliardi di dollari, ma di questi oltre il 90% è costituito da debiti. Il suo vero patrimonio netto è forse di 3-400 milioni di dollari. A ciò aggiungo che Donald Trump ha imparato da suo padre Fred, un palazzinaro dei sobborghi di Queens, ad attaccare, insultare e fare il bullo. Ho intervistato Trump per scrivere questo mio ultimo libro e ho visto davanti ai mei occhi un uomo kitsch e volgare. Mi spiace dire questo da americano, ma è proprio così».

Da chi si fa realmente consigliare il presidente degli Stati Uniti?
«Trump è stato spinto e guidato da un mago dell’estrema destra che si chiama Steve Bannon, attuale capo stratega della Casa Bianca. Si tratta di un razzista amato dal Ku Klux Klan. I consiglieri di estrema destra che circondano Trump vogliono soprattutto disfare lo stato sociale in America e l’ordine mondiale che abbiamo conosciuto in questi ultimi 70 anni. Il presidente fa inoltre molto affidamento sul genero Jared Kushner, sotto indagine per eventuale spionaggio, per comportamenti molto sospetti con i russi. Il padre di Kushner, Charles, è stato in prigione fino a pochi anni fa per corruzione e una rapina simulata».

Trump cambia spesso parere. Come reagiscono i suoi consiglieri?
«Per i suoi consiglieri il presidente è un incubo, in quanto l’uomo è impulsivo. Quando sono stato a bordo del suo aereo privato in Texas ho notato che sembrava incapace di focalizzarsi su un singolo tema per più di due o tre minuti. Trump non ha una strategia; ha alcuni credo che da anni diffonde. Afferma ad esempio da decenni che gli europei stanno fregando l’America sulla NATO. Ma i suoi cambiamenti improvvisi d’opinione significano instabilità ed incertezza al timone della Casa Bianca. Il risultato di questa mancanza di strategia è che alla fine con Donald Trump alla presidenza l’unica certezza è l’incertezza».

 

Fonte: Corriere del Ticino 01/06/2017


01/06/2017

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