MARCELLO SIMONI. L'INTERVISTA


Marcello Simoni: Un romanzo deve portarci in vacanza"
Torna in libreria Marcello Simoni, autore bestseller di thriller storici. Che qui svela la sua formula vincente

intervista di Lucio Luca su la Repubblica

 

Tredici anni dopo il suo esordio col botto — Il mercante di I libri maledetti, per mesi in testa alle classifiche di vendita e vincitore del Bancarella e del premio Emilio Salgari - Marcello Simoni festeggia il suo romanzo numero trenta. Si intitola L’enigma del cabalista. Un 'indagine del templare Basilio Cacciaconti e sarà in libreria dal 25 giugno per Newton Compton: «E dire che di rifiuti, prima del successo, ne ho avuti tanti - racconta - Mi facevano i complimenti, dicevano che scrivevo bene. Ma il romanzo storico proprio no, quello non lo legge nessuno, dicevano. È un prodotto fuori mercato. Invece siamo ancora qui, evidentemente qualcuno si sbagliava». E si starà anche mangiando le mani, probabilmente, visto che nel frattempo Marcello Simoni, ex archeologo ed ex bibliotecario, ha venduto più di un milione e mezzo di copie e i suoi romanzi sono stati tradotti in una ventina di lingue: «A volte mi chiedo perché i lettori sono attratti da queste storie, ambientate in periodi così lontani. Io scrivo quello che mi piacerebbe leggere, mi diverto quando lo faccio e credo che chi sceglie un mio libro percepisca questo piacere. Chissà, forse è proprio questa la chiave del successo».


Se posso, aggiungerei anche la "semplicità". Lei ha definito i suoi gialli "confortevoli" perché non vuole costringere i lettori a uno sforzo eccessivo. Troppi input dati dal romanzo possono rovinare il divertimento della lettura?

«Ho scelto di raccontare storie medioevali, per me è fondamentale la ricostruzione minuziosa del periodo che scelgo. E infatti è molto più lunga e complessa la fase preparatoria di un romanzo piuttosto che quella della scrittura. Scrivere "semplice" lo prendo come un grande complimento. Uno dei miei autori preferiti è Calvino che ci ha spiegato come la leggerezza sia tutt'altro che superficialità. Sa cosa diceva Ken Follett? Se un lettore, a metà pagàia, è costretto a tornare indietro perché non riesce più a capire cosa sta succedendo, vuol dire che lo scrittore sta sbagliando qualcosa. Ecco, io vorrei che chi sta leggendo un mio romanzo non sia costretto a tornare indietro...».


La storia de "L'enigma del cabalista" è ambientata all'inizio del 1300 e Cacciaconti, templare rinnegato, è a Napoli a caccia di un antico talismano e dell'uomo che ne è in possesso. Che, appunto, è un mago cabalista prigioniero nelle segrete dell'Inquisizione. Un thriller storico pieno di colpi di scena. Alla Marcello Simoni. Che effetto le fa essere considerato un maestro di questo genere?

«È una sensazione molto appagante, anche se fatico a considerarmi un maestro. Sono soltanto uno che racconta storie e che cerca di mettere in pratica tutto quello che ha imparato leggendo Salgari, Verne, Fred Vargas, Grangé, Valerio Evangelisti, Joe Lansdale, Arturo Pérez-Reverte, George R.R. Martin. Autori anche assai diversi da loro dai quali, però, cerco di rubare il gusto del sorprendere, la capacità di creare continuamente colpi di scena. Loro sì che sono dei maestri».

Strano che non abbia citato Umberto Eco, al quale molti spesso la accostano.

«Adoro Eco, non potrebbe essere diversamente. Ma la sua scrittura è molto lontana dalla mia. Io credo che un romanzo debba portare il lettore dentro una vacanza, cerco di essere molto naturale nel racconto. Le storie devono fare in modo che chi le sta gustando non trovi ostacoli. Ecco perché parlavo prima di Calvino e della sua leggerezza. Detto questo, Eco è così grande che non riesco proprio a sentirmi vicino a lui».


Dopo "Il castello dei falchi neri" è tornato ad ambientare un nuovo romanzo a Napoli, anche se un secolo più tardi. Cosa la affascina in particolare di questa città nel Medioevo?

«Adoro le città che pur restando fedeli a se stesse sanno essere mutevoli. E Napoli è così, storicamente. E poi mi piaceva raccontare il cambiamento radicale in appena un secolo: ne II castello dei falchi neri Napoli è ancora sveva, sente l'influsso dei normanni. Questa volta, invece, la città è guidata dagli angioini, sembra quasi di muoversi tra le vie di Parigi. E la scena si svolge soprattutto in un ghetto, quello di San Marcellino, dove la vita della comunità ebraica è molto più semplice rispetto ad altre città. Ma del resto l'accoglienza dei napoletani è proverbiale e non è mai venuta meno nei secoli».


Anche in questo romanzo c'e una donna che ha un ruolo molto importante: si tratta di Samira, figlia del cabalista. E dire che nel Medioevo le donne non godevano di grande considerazione.

«È vero, ma io cerco di rendere giustizia al ruolo femminile anche in un’epoca storica molto difficile. Samira vive in una zona grigia e vuole diventare libera. E non è l'unica donna che nel Trecento assume una posizione di rilievo. Penso alla regina Maria d'Ungheria, moglie di re Carlo II d'Angiò, che prende il potere quando il marito è prigioniero e diventa così autoritaria che quando Carlo esce di prigione si preoccupa addirittura della sua abilità politica».

 

 


21/06/2024

Scarica file PDF allegato