MATTEO STRUKUL - L'INTERVISTA


Morte in laguna. Canaletto indaga

Strukul torna nella Serenissima, dove avvengono orribili delitti. È l’ultimo libro di una trilogia? Chissà

 

Brunella Schisa su Il Venerdì di Repubblica



Che il padovano Matteo Strukul sia un fenomeno editoriale è innegabile. I suoi romanzi storici sono stati tradotti in quaranta Paesi. La trilogia sui Medici l'ha reso lo scrittore italiano più venduto nel mondo. Con l'ultimo, La cripta di Venezia, dovrebbe concludere la trilogia dedicata alla Serenissima e al gruppo eterogeneo di investigatori capeggiati da Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto, il pittore che meglio ha saputo rappresentare Venezia. «Ma dipende dai lettori, se chiederanno un'altra avventura gli sarà data».



Siamo nel 1732, mentre il doge Alvise III Moncenigo sta morendo di vecchiaia alcuni suoi parenti vengono assassinati in diverse cripte della città. Hanno tutti la mandibola spaccata e un mattone infilato in bocca. Un rituale raccapricciante forse opera di un crudele assassino già incontrato da Canaletto in un'indagine precedente anni prima sfuggitogli per un soffio. Non dirò altro per non svelare la trama costruita in maniera lucida e analitica che echeggia le atmosfere di Notre Dame de Paris di Victor Hugo.

 

Canaletto investigatore è una sua invenzione?

«Sì, mi piaceva scrivere un libro sul Settecento veneziano utilizzando un pittore di cui si sa molto poco. Sappiamo che non si è mai sposato, non ha avuto figli, aveva un carattere aspro, permaloso e non doveva essere altissimo, visto il soprannome. Ho unito queste poche informazioni alla sua nota capacità di utilizzare per dipingere la camera ottica e dei cannocchiali che si faceva preparare dai vetrai di Murano. Poi l'ho inserito in una sorta di squadra con due suoi amici: un mercante d'arte inglese e un impresario teatrale irlandese che unendo le loro competenze partecipano alle indagini».

 

Lei coinvolge anche la semi sconosciuta pittrice veneta Giulia Lama.

«Sì, perché mi piace restituire alla memoria le grandi artiste dimenticate dalla storiografia. Lo avevo già fatto con Rosalba Carriera, la più grande ritrattista del '700. Giulia Lama è meno nota forse perché era una grande ribelle. Se la critica snobba queste figure tanto importanti dobbiamo scriverne noi romanzieri».

 

Quel è la regola aurea per scrivere un romanzo storico?

 «Conoscere i luoghi di cui si parla. Per la trilogia dei Medici sono stato a lungo a Firenze, per Michelangelo a Roma. Bisogna conoscere il più possibile il personaggio. Per scrivere di Michelangelo ho letto l'Epistolario e i Sonetti. I testi autentici sono fondamentali per sviluppare la voce del protagonista cercando di mantenere la mentalità del tempo. A volte nelle ricostruzioni della storia si tende ad attualizzarla dimenticando canoni e codici etici e morali del tempo, ed è un grande errore».


31/05/2024

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