Per viaggiare nel tempo accendete i fornelli


di Valentina Della Seta

Lo chef Samuele Bovini ha raccolto in un libro 400 piatti dimenticati della tradizione regionale. Per ritrovare i sapori di una volta. E tornare bambini


Lasciamo da parte per un momento la cucina molecolare, gli hamburger, la nouvelle cuisine, il sushi, il pad t'hai o i menù fusion. Lo chef, scrittore e insegnante di cucina Samuele Bovini, classe 1980, ha scelto di partire da Perugia, dove vive e lavora, per un viaggio ideale in giro per l'Italia alla ricerca delle ricette tradizionali di tutte le regioni. Bovini ha immaginato di andare indietro nel tempo, a un'epoca nella quale non ci si poteva permettere di sprecare nulla e tutto era buono per tirare fuori un piatto da mettere in tavola: «In Calabria si faceva una pasta con i residui dei cereali scaricati dalle navi e raccolti con la scopa, in Sardegna si usa il liquido seminale dei tonni, ovunque si utilizzano tanti ingredienti considerati dolci nei piatti salati e viceversa», scrive nella prefazione al libro fotografico Le ricette dimenticate della cucina regionale italiana. 400 piatti che meritano di essere riscoperti (Newton Compton, pp. 340, euro 5,90).

Il manuale raccoglie venti ricette per ogni regione, dal semplice pane di farro dell'Emilia Romagna, alle fave con guanciale e aceto del Lazio, al polpo all'inferno (di piccantezza) della Liguria. E poi la zucca gialla alla maniera contadina del Piemonte, la minestra di latte e castagne della Valle d'Aosta, le salsicce di fegato di maiale con peperoni secchi dell'Abruzzo, la crema di fagioli e peperoni della Basilicata. Impossibile elencarli tutti: «Ho trovato quattrocento profumi diversi, alcuni ingredienti sconosciuti, addirittura inimmaginabili. Tecniche perdute e lavorazioni considerate obsolete di cui vale la pena riscoprire il valore», scrive Bovini. Come ha pensato di buttarsi in un lavoro così impegnativo e ampio? «Una mattina dello scorso autunno mi ero messo a sistemare nel mio ricettario delle ricerche svolte da mio padre, chef professionista come me, sulla cucina umbra. C'erano ricette davvero antiche, in alcuni casi obsolete. Una in particolare mi ha riportato alla mente profumi e sensazioni di quando ero bambino. È stato un minuto di trance, e quando mi sono ripreso ho pensato che avrei voluto ricreare questa sensazione in altre persone, spronarle a non perdere la propria storia» racconta Bovini.

Ma è fisicamente andato paese per paese a interrogare gli anziani? «Purtroppo sarebbe stato un lavoro lunghissimo e avrei impiegato anni», dice. «Ho contattato tutti gli chef, gli appassionati o gli amici che hanno voluto condividere con me le loro storie di cucina. Mi hanno risposto, aiutato e supportato in modi anche inaspettati. E questa risposta è stata una delle cose più belle che questo viaggio mi ha donato: la consapevolezza che cucina è innanzitutto condivisione». 

Fonte: Il Venerdì 19/10/2018


19/10/2018

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