Reddito di cittadinanza, espulsioni, Flat Tax: ma quanto costeranno e chi pagherà?


"Dipiù" ha sottoposto al grande economista e celebrità della TV, Alan Friedman, i progetti dei vincitori delle elezioni che ora dalle parole dovranno passare ai fatti
«Sono scettico sui "cavalli di battaglia" dei tre "leader", perché sarà davvero difficile trovare i soldi per realizzare quello che promettono»

di Metello Vene

Hanno vinto le elezioni e adesso, in attesa che si faccia il governo, riIanciano i loro cavalli di battaglia: Luigi Di Maio il reddito di cittadinanza, Matteo Salvini l'espulsione dei clandestini e Silvio Berlusconi la Flat Tax.

Però arriverà il momento in cui dalle parole bisognerà passare ai fatti, e a tale proposito gli italiani si interrogano su quando, e soprattutto come, il Movimento 5 Stelle, la Lega e Forza Italia, qualora andassero al governo, potrebbero portare avanti questi tre ambiziosi progetti. Non bisogna infatti essere esperti di economia per rendersi conto che dare un sussidio a chi non ha lavoro, ridurre le tasse o mettere su un aereo tutti gli immigrati irregolari sono operazioni che allo Stato costerebbero parecchio; ed è lecito dunque chiedersi dove i futuri governanti potrebbero trovare i soldi necessari. 

Prima di rispondere a queste domande, tuttavia, vediamo in che cosa consistono queste nuove misure. Il reddito di cittadinanza, punto forte dei 5 Stelle, è un assegno mensile destinato ai circa nove milioni di italiani che vivono sotto la cosiddetta soglia di povertà, che secondo l'Istat è di settecentottanta euro al mese, circa un milione e cinquecentomila lire. In pratica, costoro avranno diritto, se il progetto dei 5 Stelle andasse in porto, a un sussidio statale che li faccia arrivare ogni mese a questa cifra: settecentottanta euro, per l'appunto. I principali requisiti per avere diritto al reddito di cittadinanza e continuare a beneficiarne sarebbero i seguenti: essere disoccupati, intraprendere un percorso di ricerca lavorativa che impegni almeno due ore al giorno, offrire la propria disponibilità gratuita per otto ore alla settimana per "progetti utili alla collettività", accettare obbligatoriamente uno dei primi tre lavori che vengono offerti. Insomma, per dirla con le parole di Luigi Di Maio, leader del Movimento 5 Stelle: «Il reddito di cittadinanza non darà soldi a chi vuole stare seduto sul divano». 

Dopo la proposta di Di Maio c'è quella di Matteo Salvini, leader della Lega: l'espulsione e il rimpatrio degli immigrati clandestini. Acclamato dai suoi sostenitori, Salvini spiega che saranno «rispediti al proprio Paese» circa seicentomila irregolari, contro i diciassettemila degli ultimi anni, e a chi gli chiede quanto costerà un'operazione del genere risponde: «Esattamente la metà di quanto ci costa il business dell'accoglienza negli ultimi anni, e cioè due miliardi e mezzo di euro (circa cinquemila miliardi di lire) anziché cinque miliardi di euro (circa diecimila miliardi di lire)». 
Il leader della Lega precisa poi che si tratterà di un programma «non realizzabile immediatamente», ma nel giro di cinque anni, e che l'obiettivo sarà anche quello di diminuire gli sbarchi e ridurre alla radice il problema. «Ho letto che la Francia sta spostando in Niger i centri di identificazione per affrontare il problema dei profughi là, e secondo me è una soluzione intelligente», ha concluso Matteo Salvini. 

E veniamo alla Flat Tax (che si pronuncia come si scrive e significa "tassa piatta " o "tassa unica "), promessa agli italiani da Silvio Berlusconi. Funziona così. Adesso noi paghiamo le tasse in base a un meccanismo che assegna aliquote crescenti secondo il reddito: per fare un esempio, chi dichiara quindicimila euro l'anno paga allo Stato il 23 per cento di tasse; mentre chi dichiara cinquantamila o settantamila euro paga rispettivamente il 38 e il 41 per cento. Con la Flat Tax proposta da Berlusconi, invece, tutti i contribuenti, indipendentemente dal reddito, verserebbero un'aliquota bassa e unica fissata al 23 per cento del loro guadagno. 

Queste sono dunque le tre grandi proposte dei leader che hanno vinto le elezioni, e sul loro contenuto si può essere o meno d'accordo. Molti comunque si chiedono, l'abbiamo detto anche all'inizio, come farà lo Stato ad affrontare le spese necessarie per passare dalle parole ai fatti. Da dove arriveranno, cioè, i soldi che Di Maio intende dare ai poveri e che Salvini vuole usare per le espulsioni? E la Flat Tax come verrà finanziata? Di tutto questo abbiamo parlato con Alan Friedman, scrittore ed economista americano di fama mondiale, ma celebre soprattutto in Italia per gli studi approfonditi sull'economia del nostro Paese e per le sue apparizioni in numerosi programmi televisivi. Il titolo del suo ultimo libro, Dieci cose da sapere sull'economia italiana prima che sia troppo tardi, edito da Newton Compton, è lo spunto per cominciare l'intervista. 

Dottor Friedman, una delle cose che adesso vorremmo sapere sull'economia italiana è: dove si troveranno i soldi per realizzare le idee di chi ha vinto le elezioni? 
«La domanda è più che mai sensata, perché quando si è in campagna elettorale è facile parlare e fare promesse. Il difficile viene dopo». 

Cominciamo dal reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle. 
«Secondo un sondaggio che ho condotto con l'istituto di analisi e di ricerche Ipsos, quello di Di Maio per gli italiani è il partito più adatto a gestire l'economia del Paese. Eppure la sua proposta del sussidio statale a chi è sotto la cosiddetta soglia di povertà non mi convince». 

Per quale motivo? 
«Proprio per il discorso del reperimento dei soldi. Vede, per garantire il reddito di cittadinanza a nove milioni di italiani occorrerebbero circa venti miliardi di euro all'anno, circa quarantamila miliardi di lire, più o meno l'equivalente di un'intera manovra finanziaria ma prolungata nel tempo. Ebbene, questi soldi al momento non ci sono e credo che nemmeno in futuro ci saranno». 

Però Di Maio ha stilato un elenco di possibili "coperture", ha spiegato cioè dove si troverà il denaro necessario. 
«Sì, ho visto quell'elenco. Secondo il leader del Movimento 5 Stelle, i venti miliardi per il reddito di cittadinanza si racimoleranno con tagli alle spese della pubblica amministrazione, per circa due miliardi e mezzo; con l'aumento della tassazione di banche e assicurazioni, per due miliardi; con maggiori imposte sul gioco d'azzardo, per un miliardo; con la riduzione delle indennità parlamentari, per seicento milioni; inoltre ci saranno alni provvedimenti antisprechi, tra cui la soppressione degli enti ritenuti "inutili", il taglio alle auto blu e ai finanziamenti all'editoria. Ma questi buoni propositi sono piuttosto vaghi: è facile enunciarli ma metterli in pratica è un'altra cosa. Ho paura che i tagli si andranno poi a fare sulla scuola, sulla sanità e su altre priorità per i cittadini». 

Però c'è chi fa notare che anche Gentiloni, durante il suo governo, ha pensato ai meno abbienti con il cosiddetto reddito di inclusione. Perché Di Maio non dovrebbe riuscirci con il suo reddito di cittadinanza? 
«Perché il reddito di inclusione è tutt'altra cosa; sì tratta di un sussidio per i meno abbienti limitato nel tempo e non di un vero e proprio reddito; e la cifra mensile per una famiglia di cinque persone supera di poco i cinquecento euro (circa un milione di lire). Parliamo dunque di una spesa statale ben lontana dai venti miliardi previsti per il reddito di cittadinanza». 

Dottor Friedman, veniamo adesso alla proposta di Matteo Salvini: il rimpatrio di circa seicentomila clandestini entro cinque anni. Dove si prenderanno i soldi? 
«Premesso che quella della Lega mi sembra una proposta irrealizzabile, perché i clandestini sono senza documenti e non è che, se li riporti nel Paese di origine, le autorità locali ti dicono: "Prego, li lasci pure qui da noi"; centoventimila persone all'anno da espellere costituirebbero una spesa da capogiro, e non mi pare che il centrodestra abbia indicato come farà. D’altra parte, è praticamente impossibile fare stime». 

Secondo dati attendibili, la macchina dei rimpatri forzati negli ultimi due anni è costata all'Italia poco meno di cento milioni di euro, circa duecento miliardi di lire, e le espulsioni, mediante voli di linea o charter, sono state cinquemila. 
«Faccia lei le proporzioni con i numeri che vorrebbe Salvini, e cioè seicentomila espulsioni in cinque anni». 

C'è chi dice che i soldi necessari ce li ritroveremmo in tasse. A proposito di tasse, che cosa ne dice di quella "unica e bassa", la Flat Tax, ovvero l'altra grande proposta del centrodestra? Berlusconi la vorrebbe al 23 per cento, Salvini addirittura al 15 per cento. 
«Da noi sarebbe una vera e propria incognita». 

Perché? In alcuni Paesi funziona, per esempio a Hong Kong, dove "Dipiù" ha avuto modo di intervistare una imprenditrice italiana entusiasta di quel sistema. 
«L'Italia non è Hong Kong, dove il reddito pro capite è tra i più alti del mondo. Da noi la Flat Tax creerebbe un "buco" di mancati introiti al Fisco per circa sessanta miliardi di euro all'anno, pari a circa centoventimila miliardi di lire. Questo disavanzo difficilmente verrebbe compensato, come invece dice Berlusconi, dalla crescita economica». 

Però con la tassa bassa si ridurrebbe di molto l'evasione. 
«Lei crede? Io non ne sono per nulla convinto. Chi non paga le tasse adesso non le pagherà nemmeno con la Flat Tax: perché uno dovrebbe pagare anche solo il 23 per cento, se prima riusciva ad aggirare il Fisco pagando zero? In definitiva, la Fiat Tax ci darebbe l'illusione di pagare poco, ma poi lo Stato dovrebbe rifarsi in qualche modo». 

Mi pare di capire, in conclusione, che da economista le tre grandi proposte dei leader vincitori delle elezioni non sono dunque realizzabili.
«È così, ma vedremo che cosa succederà. Tutto si può migliorare: lasciamo che qualcuno cominci a governare, poi potremo tirare le somme».

Fonte: DiPiù 19/03/2018


19/03/2018

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