Vuoi riuscire sul lavoro? Impara dai tuoi sbagli


di Laura Pasotti

Cos’hanno in comune l’industria aeronautica, David Beckham e Michael Jordan? In un libro il giornalista Matthew Syed esamina i processi nascosti attraverso i quali gli esseri umani imparano, innovano e sviluppano la loro creatività: “Il successo arriva solo quando ammettiamo i nostri errori, impariamo da essi e creiamo un clima in cui fallire è accettabile”

“A livello cerebrale, individuale, organizzativo e sistemico, il fallimento è un mezzo, a volte l’unico, per imparare, progredire e diventare più creativi”. Lo scrive Matthew Syed, giornalista britannico (scrive per il Times fin dal 1999), ex campione di ping pong (è stato il numero uno inglese per almeno un decennio) e autore di “Se sbagliamo ci sarà un perché. Il rivoluzionario metodo per imparare dai propri sbagli” (Newton Compton). Il titolo originale del libro è “Black Box Thinking” e si riferisce proprio alle due scatole nere (black box) installate sugli aerei che, in caso di incidente, permettono di recuperare dati (comandi impostati sui sistemi elettronici di bordo, una; suoni e conversazioni nella cabina di bordo, l’altra) importanti per capirne le cause. “Grazie a questo metodo, l’aviazione ha raggiunto un livello di sicurezza ragguardevole”, scrive Syed. Allo stesso modo, ognuno di noi dovrebbe attingere a una sorta di scatola nera in cui viene conservata memoria delle nostre azioni e dei nostri errori per evitare di farne altri e avere successo.

In “Se sbagliamo ci sarà un perché”, Matthew Syed racconta come si realizza il successo. E lo fa attraverso le storie di personaggi come la leggenda del basket Michael Jordan, il calciatore David Beckham, l’imprenditore James Dyson, di aziende come Google, Pixar, di squadre come il team Mercedes della Formula Uno o il Team Sky o di settori a rischio come l’industria aeronautica e la sanità. “Il progresso è uno degli aspetti più straordinari della storia dell’umanità negli ultimi due millenni, e in particolare negli ultimi 250 anni – scrive –. Non si tratta solo di grandi aziende e squadre sportive, parliamo di scienza, tecnologia e sviluppo economico. Ci sono stati miglioramenti piccoli e grandi, cambiamenti che hanno trasformato quasi tutti gli aspetti della vita umana”. L’autore esamina i processi nascosti attraverso i quali gli esseri umani imparano, innovano e sviluppano la loro creatività, sia negli affari che nella politica o nella vita privata e arriva alla conclusione che, “la spiegazione del successo è legata, in modo inscindibile al modo in cui reagiamo di fronte al fallimento”.

David Beckham è stato uno dei migliori calciatori inglesi degli ultimi anni, la sua specialità erano i cross e i calci da fermo: in tutta la sua carriera ha segnato su palla inattiva per 65 volte. Syed lo ha intervistato nel 2014, a Parigi, durante il suo ultimo anno col Paris Saint Germain. “Quando le persone parlano dei miei calci da fermo si concentrano solo sui gol. Ma quando ci penso io, mi tornano in mente tutti quei fallimenti. Ho dovuto sbagliare un sacco di volte prima di centrare la porta”, gli disse il calciatore. Altro esempio riportato da Syed è quello di Michael Jordan. “In una famosa pubblicità, Jordan dice ‘ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Per ventisei volte ho avuto la responsabilità del tiro che avrebbe chiuso la partita, e non ho fatto canestro’. Che senso ha una pubblicità che esalta i fallimenti? – si domanda Syed –. Secondo Jordan era assolutamente ragionevole, ‘il cuore e la resistenza mentale valgono molto più di qualsiasi vantaggio fisico uno possa avere’ ha dichiarato”. E James Dyson? “La prima qualità che cerco nelle persone che vogliono lavorare nella mia azienda è il desiderio di tentare, fallire e imparare. Amo quel tipo di spirito ma è rarissimo da trovare oggigiorno”, dice. Una volta è stato definito ‘evangelista del fallimento’”, scrive Syed.

“Il fallimento è una realtà con cui tutti, prima o poi, devono fare i conti, che si tratti della sconfitta della squadra locale di calcio, di un colloquio di lavoro andato male o della bocciatura a un esame – scrive Syed –. A volte però il fallimento può essere ben più grave. Per i medici e altri professionisti che lavorano in settori a rischio, un errore può avere conseguenze mortali”. Per esplorare il legame tra fallimento e successo, l’autore mette a confronto due dei settori a più alto rischio, la sanità e l’aviazione. “L’aeronautica lotta tutti i giorni contro le minacce alla sicurezza e quasi ogni settimana emergono nuove sfide che impongono di imparare da ogni avvenimento sfortunato”. E nella sanità? “Le cose sono molto diverse”, dice Syed che riporta alcuni dati sulle morti per errori evitabili: 400 mila all’anno negli Stati Uniti (secondo uno studio pubblicato nel 2013 sul Journal of patient safety) e 34 mila all’anno nel Regno Unito (dati 2005 del National audit office). Il motivo degli errori? Il primo è la complessità, “l’Oms elenca 12.420 malattie e disturbi, ognuno dei quali richiede un protocollo differente”, poi c’è la scarsità di risorse e infine la necessità di prendere decisioni rapide. “In realtà molti errori commessi negli ospedali e in altri settori della vita seguono traiettorie particolari, schemi quasi invisibili ma imprevedibili: è quella che gli investigatori specializzati in incidenti chiamano ‘firma’ – scrive –. Attraverso una ricostruzione onesta e una valutazione aperta questi errori potrebbero essere riconosciuti, in modo da prendere contromisure per impedire che riaccadano, proprio come avviene nell’aeronautica. Nella maggior parte dei casi ciò non avviene”.

“Nessuno vuole fallire – scrive Syed –, ma a livello collettivo, considerando la complessità sistemica, il successo arriva solo quando ammettiamo i nostri errori, impariamo da essi e creiamo un clima in cui, in un certo senso, fallire è accettabile”. Secondo l’autore, infatti, “se vogliamo sviluppare il nostro potenziale di individui e di organizzazioni dobbiamo ridefinire il fallimento perché gli errori, anche se hanno significati diversi e richiedono reazioni differenti in base al contesto, rappresentano sempre supporti inestimabili col potenziale di aiutarci a imparare”.   

Fonte: LaRepubblica.it 9/05/2017


09/05/2017

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